Storie di vita, storie di sport 2009
Iniziativa apprezzata dalle scuole bolzanine
Si è svolto lo scorso 15 ottobre presso l’auditorium Battisti a Bolzano l’edizione 2009 di “Storie di Vita-Storie di Sport”, un convegno sui valori dello sport dedicato ai giovani, organizzato da alcuni anni a questa parte dall’Associazione “La Strada – Der Weg” in collaborazione con la scuola Olympia delle formazione professionale italiana, con il sostegno degli Uffici Sport del Comune e della Provincia di Bolzano.
I circa 150 studenti delle superiori che entrano nella sala dell’ Auditorium Battisti hanno probabilmente una vaga idea di quello che accadrà nelle due ore successive. Qualcuno probabilmente, vedendo la locandina, si immagina che si parlerà di Zidane e Materazzi. “……ma chi se ne importa…..ormai è roba vecchia…” ”…..comunque meglio qui che stare in classe a fare lezione….. “.
Chissà invece quanti di loro all’uscita avranno pensato in modo diverso e si saranno portati a casa un’idea nuova, un punto di vista non considerato prima…..
E’ la scommessa di queste iniziative, studiate apposta per non essere interventi frontali , ma per coinvolgere i ragazzi e ascoltare i loro contributi.
La prima ora è occupata dal monologo teatrale di Sergio Manghi: “Zidane, anatomia di una testata mondiale” accompagnato dai due eccellenti musicisti Fulvio Redeghieri e Dóra Szabó. Manghi, professore di sociologia all’università di Parma, inizia raccontando a braccio come fosse surreale in Francia l’atmosfera nei giorni precedenti la finalissima del mondiale di calcio 2006, che si sarebbe disputata a Berlino. Manghi si trovava proprio a Parigi e si stupiva nel vedere la macchina organizzativa preparare sontuosi festeggiamenti per una vittoria che tutti credevano certa. Tutti i francesi, di tutte le classi sociale, dagli abitanti delle periferie agli intellettuali festeggiavano anticipatamente la vittoria e ponevano tutte le aspettative per raggiungerla su un unico uomo, l’eroe nazionale Zinèdine Zidane.
“Ma guardate che non avete ancora vinto..” provava a sottolineare Manghi nelle discussioni con i francesi. Per tutta risposta riceveva sempre una risata e la frase ripetuta all’infinito…”ci penserà Zidane”..
Proprio per sottolineare il tema dell’eroe designato, Manghi, con l’ausilio di immagini belle e significative, racconta la famosa finale come fosse una favola mitologica suddividendola in 5 “ quadri”. Il primo lo intitola “ Il favore degli dei”(Zidane si sente imbattibile come un dio mitologico): siamo infatti al 7° minuto e Zidane si trova a calciare un rigore contro il miglior portiere del mondo (G. Buffon). Invece di scagliare una botta a colpo sicuro, sceglie un tiro rischiosissimo, in gergo chiamato “cucchiaio”. Una palla che dopo aver fortunatamente spiazzato il portiere, altrettanto fortunatamente entra in porta non prima di aver pericolosamente sbattuto contro la traversa. “Volevo che quel tiro fosse ricordato per sempre”..dichiarerà Zizou.
Il secondo capitolo si intitola “La Nemesi”, dal nome della dea greca che distribuiva il bene o il male a seconda del giusto. Infatti al 19° minuto Materazzi, che pochi minuti prima aveva causato il rigore contro l’Italia, fa gol e costringe l’eroe Zidane a ricominciare le sue fatiche , un po’ come Ercole che ne dovette affrontare ben 12.
Il terzo episodio si chiama “Il Dubbio dell’eroe”. Zidane si infortuna lievemente alla spalla e chiede subito la sostituzione, senza attendere il responso medico. Rimarrà in campo ma l’episodio sembra indicare un primo cedimento,…..la difficoltà a reggere la tensione.
Il quarto quadro ha come titolo” Gli dei cambiano eroe”. Siamo al 13° del primo tempo supplementare. Zizou incorna splendidamente di testa a colpo sicuro ma il portiere italiano para con uno stupendo gesto atletico: gli dei hanno scelto Buffon.
L’ultimo quadro si intitola “L’epilogo”: 5 minuti dopo il gol mancato l’eroe si auto sacrifica. Sferra l’ormai famosa testata a Materazzi, viene espulso e lascia il campo senza voltarsi, quasi in uno stato di trance. Il giorno dopo la squadra viene ricevuta dal presidente della repubblica e lì l’eroe si riconcilia con La Francia, anche se, come conclude Manghi, nessun francese ammetterà mai che quella testata, pur essendo stata data a Materazzi, in realtà è stata data alla Francia, rea di aver caricato troppi sogni e aspettative su una persona eletta suo malgrado al difficile ruolo di eroe salvatore, trascurando completamente la sua fragilità di uomo.
Il monologo teatrale fornisce alla giovane platea e agli ospiti della tavola rotonda numerosi spunti di riflessione riguardo al modo di affrontare non solo lo sport ma la vita di tutti i giorni.
Subito infatti la psicologa dello sport Daniela Cavelli rompe il ghiaccio e prendendo spunto dall’episodio della testata, interpella direttamente i ragazzi su quelle situazioni in cui non si sentono sicuri o hanno paura nell’affrontare le cose, intavolando con loro un interessante dibattito sul tema dell’autostima.
Si aggancia molto bene a questo discorso la giovane campionessa di tuffi Francesca Dallapè, medaglia d’argento in coppia con Tania Cagnotto negli ultimi campionati del mondo di tuffi a Roma, che racconta con sincerità la sua difficoltà nel gestire la pressione in una gara importante come i mondiali. “…..Anch’io ho dato tante testate a me stessa …..” Francesca, che nella attività agonistica è seguita proprio dalla dott. Cavelli, racconta dell’importanza della figura dello psicologo in quanto nel suo caso le è servito per imparare a fidarsi di sè stessa e quindi per riuscire a rendere al meglio in gara senza farsi assalire dal dubbio.
Riccardo Michieletto, team manager dell’Itas Diatec Trentino Volley, potrebbe raccontare dei tanti trionfi della squadra come ad esempio l’ultima Champions League conquistata lo scorso 5 aprile, ma preferisce spiegare e analizzare la sconfitta nella finalissima scudetto della passata stagione spiegando come un grande campione debba anche avere la capacità di accettare una sconfitta bruciante, magari dopo essersi già illuso di avere vinto.
E qui si introduce il tema del binomio umiltà e presunzione nello sport. A Tal proposito l’ex arbitro e oggi referente dell’Associazione Italiana Arbitri Michele Toccoli fa un’ interessante riflessione sul mondo arbitrale affermando che i più bravi arbitri sono quelli che cercano il meno possibile la visibilità ed invita i giovani ad avvicinarsi all’attività sportiva dell’arbitraggio.
Il medico dello sport Mario Endrizzi viene invece sollecitato dal moderatore, il giornalista Daniele Magagnin, ha fare una relazione tra la sua attività di medico sociale con il F.C. Südtirol e la sua militanza da calciatore con il G.S. Excelsior dell’Associazione La Strada-Der Weg, da una parte la squadra più vincente della provincia e dall’altra quella che in nove anni di attività non ha mai vinto una partita ufficiale: due esperienze agli antipodi! In effetti Endrizzi da un lato sottolinea gli aspetti positivi del lavoro a livello professionistico nella Lega Pro in termini di organizzazione, strutturazione e efficienza, dall’altro fa emergere anche molto bene come solo all’Excelsior riesca a trovare quello che manca dall’altra parte e cioè la rincorsa di un sogno vero, che unisce il gruppo e crea momenti di crescita personale e comunitaria molto importanti.
C’ è spazio anche per parecchie domande da parte dei ragazzi: proprio ad una di queste si allaccia il sociologo Manghi per chiudere la mattinata dando alcuni consigli per approcciarsi in modo sano allo sport agonistico:
1. Non dimenticare mai il piacere che si è provato a giocare fin da piccoli
2. Impegnarsi sempre fino in fondo senza arrendersi
3. Giocare e gareggiare per onore e non per vincere per forza, perchè in questo modo si sviluppa la capacità di riconoscere ed affrontare le proprie fragilità.
Anche Daniela Cavelli conclude con uno speciale augurio ai ragazzi, quello di comprendere fino in fondo il significato di una frase che spesso è usata con ipocrisia: “L’importante è partecipare”. Questo motto significa calarsi nelle situazioni con tutto sé stessi, con i propri punti di forza e le proprie debolezze. Solo così si può vivere appieno lo “spirito” di De Coubertin, accettando eventuali sconfitte ma apprezzando sé stessi per averci provato semplicemente facendo del proprio meglio. In fondo la felicità non è portata da una medaglia in più o dall’entità del conto in banca, ma dalla consapevolezza di potersi dire:” Ieri questa cosa non la sapevo fare, oggi la so fare….”
Questo è stato Storie di Vita, Storie di Sport 2009.